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[Bardo – La cronaca falsa di alcune verità, di Iñárritu]

[Lui adesso vive ad Atlantide
Con un cappello pieno di ricordi
Ha la faccia di uno che ha capito
E anche un principio di tristezza in fondo all’anima
Nasconde sotto il letto barattoli di birra disperata
E a volte ritiene di essere un eroe

Lui adesso vive in California
Da sette anni sotto una veranda ad aspettare le nuvole
]

[Atlantide – De Gregori]

Presentato il 2 Settembre in occasione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia « Bardo – La cronaca falsa di alcune verità » scritto e diretto da Alejandro Iñárritu, racconta la storia di Silverio Gama – alter ego del regista – documentarista messicano di fama internazionale. Sull’onda del successo si è trasferito negli Stati Uniti, ora torna a Città del Messico per fare i conti con il proprio passato.

Il film narra la crisi del regista che inizia con la presunta morte del figlio Matteo; « non vuole nascere, ha detto che il mondo fa schifo » riferisce il medico alla moglie durante il parto, questa è la prima delle tante bugie/ allucinazioni che Gama racconta per nascondere la verità, ma d’altronde Qu’est-ce que le cinéma? se non una serie di allucinazioni e bugie rese dolci dalle immagini?

La storia si svolge ha come sfondo Città del Messico dove Silverio incontra e cerca di evitare amici e parenti; incontri / scontri che mettono a nudo le contraddizioni che hanno portato Gama ad essere riconosciuto a livello internazionale. Tornando a Città del Messico Silverio riprende contatto con il tessuto sociale che negli anni precedenti ha raccontato attraverso i suoi documentari principalmente storie di immigrazione verso gli Stati Uniti. Gama si è imborghesito raccontando gli ultimi ed è proprio da questo che nasce il suo senso di colpa. Bardo è una sorta di autobiografia del regista messicano, un’autobiografia precoce a metà 8 1/2 di Fellini ed El Topo di Jodorowski, i personaggi che Silverio incontra sono simili a quelli che escono dalla mente del regista cileno.

Iñárritu realizza una serie di scene perfette – al punto tale da risultare stucchevoli – attraverso movimenti di macchina fluidi e long take il regista messicano riesce a rendere visibile l’elemento principale di un’autobiografia: il flusso di coscienza. Non proprio facile poiché il flusso di coscienza è un concetto « astrato » destinato a vivere tra il soggettivo e l’immaginazione.

Bardo nonostante l’estetica perfetta rimane un’operazione precoce, a tratti anche fastidiosa poiché il modo in cui il regista si auto lusinga sfiora l’ipocrisia. Parliamoci chiaro: questi film iper estetici annoiano molto chi come me cerca i registi che si sporcano con il reale. La storia del cinema è piena di pellicole che hanno puntato tutto esclusivamente sulla messa in scena, soprattutto per strizzare l’occhio ad Hollywood, per esempio La grande bellezza o il fallimentare America latina. Quando si scommette tutto sulla forma si finisce inevitabilmente per trascurare il contenuto, la storia. Il punto debole di Bardo è proprio la mancanza di collante tra le scene, una trama insomma.

Senza ombra di dubbio siamo davanti ad un film da vedere assolutamente, se non fosse per lo stile riconoscibile risulterebbe molto difficile inserire questo lavoro nella filmografia del regista messicano.

Trovate il film su Netflix.

-Daniele.

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