Primavera: io non ti capisco.
La primavera mi ha sempre fatto uno strano effetto, un po’ come settembre che in qualche modo (nella mia testa) segna l’inizio di qualcosa. E gli inizi, si sa, si portano dietro inevitabilmente anche la fine.
Mi piacerebbe poter dire di essere affascinata dalla natura che finalmente fiorisce e dai rami che istintivamente tendono verso la luce. Mi piacerebbe non aver paura dei colori, e invece mi ritrovo ad essere infastidita dall’odore dell’erba fresca appena tagliata.
Mi disturba la felicità a tutti i costi, la prontezza di spirito di chi riesce a cambiare pelle insieme al cambiare delle stagioni. Io non ci sono mai riuscita: l’autunno mi rimane attaccato addosso per gran parte dell’anno, e quando tutti germogliano io appassisco.
Quando per gli altri il sole comincia a farsi tiepido io lo avverto rovente. Vivo la mia personale primavera al contrario: mi abituo lentamente alle giornate che si allungano, faccio fatica a rimanere sveglia durante il giorno e il polline diventa il mio peggior nemico.
Ammiro chi riesce a passeggiare tra i boschi entrando in sintonia con l’ambiente che lo circonda. Ho sempre pensato alla primavera come ad un’attitudine, uno stato d’animo, un dono. Qualcosa che nasce con noi ed io, evidentemente, non mi sono messa in fila quando distribuivano quel talento. È un’abilità che non avrò mai e che nessuno potrà mai insegnarmi. Mi sono accorta di non riuscire a rilassarmi nemmeno durante una banale passeggiata: senza rendermene conto stringo le mani fino a farmi male. La primavera non mi appartiene e io non appartengo a lei. Siamo avversarie silenziose che non si ameranno mai. Io non la capisco e lei non comprende me. È la stagione in cui finalmente si scoprono gambe e braccia, ma io amo i cappotti e le sciarpe e i dolcevita. Amo ricoprirmi di strati di vestiti: mi fanno sentire al sicuro. Lei invece mi costringe a spogliarmi, mi costringe ad alleggerire il mio corpo e la mia mente. Non sono mai pronta quando arriva. Non sono pronta per la leggerezza: ho bisogno di consistenza. Lei arriva puntuale e impeccabile mettendo ordine dove io ho faticato a costruire disordine. Mi viene da pensare che, prima o poi, tutti sentono il bisogno di volare. Parlo di quella sensazione impalpabile che ti fa sentire
potente e capace di raggiungere obiettivi impossibili. Io quella sensazione la disconosco, i miei piedi sono saldamente attaccati a terra, la mia bocca è imbavagliata dalla staticità. Dovrei rassegnarmi all’idea di essere un seme incapace di svegliarsi dal torpore invernale, dovrei armarmi di coraggio e accettare la più dura delle verità: dentro di me coesistono morte e riposo. La primavera mi ha partorita ma io sapro mai essere primavera?
-LA SCONOSCIUTA
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