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[Esterno notte di Marco Bellocchio]

Arrivo sempre in ritardo, su questo non c’è dubbio ma chiariamo subito una cosa: Esterno notte di Marco Bellocchio è stato il prpdotto più belo della precedente stagione cinematografica.

Purtroppo la Rai ha deciso di frammentare in modo discutibile questa bellissima pellicola, tutto per venire incontro all’esigenza dello spettatore medio che – ormai da tempo – ha la soglia di attenzione simile a quella di un cefalo.

Facciamo un po’ di pseudo critica seria. Esterno notte rappresenta solo un tassello minuscolo che va a comporre la filmografia dell’instancabile Bellocchio, risulta quindi impossibile compendere a fondo questo nuovo capitolo senza conoscere bene l’intera poetica.

Il regista piacentino nel 1998 con “Buongiorno, notte” aveva ampiamente affrontato la questione Moro, liberandosi – credevano i critici – di quel sottile “senso di colpa” attraverso la creazione di un finale alternativo.

Parlare di senso di colpa non è casuale, soprattutto quando si parla di registi contemporanei a Bellocchio. Dario Mondella nel suo volume “Ultima trovata. Trent’anni di cinema senza Elio Petri” sostiene che i registi post-sessantottini [Marco Tullio Giordana, Gianni Amelio, Marco Bellocchio, etc.] soffrono appunto di “senso di colpa post rivoluzionario”, uno stato d’animo che viene rappresentato perfettamente dalla vicenda Moro, un corpo politico perfetto in grado di incarnare il declino del sogno rivoluzionario.

Il senso di colpa di Bellocchio però è estremamente diverso, non a caso qualche riga fa ho scritto – a proposito se siete arrivati a leggere sino a qui vi faccio i miei complimenti – che Esterno notte è una microscopica parte della filmografia e senza ombra di dubbio ha una sua autonomia che permette una visione singola, ma per coloro che amano i film del regista di Bobbio è quasi impossibile non ricollegare Esterno notte alle precedenti “tappe”. Con Esterno notte non siamo davanti al senso di colpa “politico” di cui parla Mondella, si tratta invece qualcosa di più intimo e profondo. Risulta difficile analizzare Esterno notte senza citare “Marx può aspettare”, qui la necessità di un lieto fine va a scontrarsi con la dura realtà – ricostruita attraverso una sorta di cronaca “epistolare” – e la conseguente drammatica verità: non si può cambiare il corso della storia.

Moro e Camillo, due corpi. Moro / corpo politico, Camillo / corpo doppio – gemello del regista -; due corpi destinati entrambi a scomparire. Un senso di colpa politico che si mischia, si sovrappone ad un senso di colpa intimo; Marx può aspettare rappresenta perfettamente il momento in cui il regista piacentino pone fine al suo senso di colpa.

Fare pace con le immagini è sempre terapeutico, la scena finale parla chiaro: Camillo di spalle incontra l’ormai vecchio Marco, i due camminano in direzioni opposte e si guardano per pochi secondi, uno scambio di sguardi che viene riproposto nel campo/controcampo iniziale di Esterno notte in cui Moro dal letto di ospedale guarda in faccia la dirigenza della D. C. , una scena che si rivelerà finta poiché questo Moro – a differenza di quello di “Buongiorno, notte” – troverà finalmente la pace.

Dal 17 Dicembre sarà disponibile su Netflix. Attualmente potete trovarlo su RaiPlay.

-Daniele.

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