Il pianeta dei gattini
Nella Via Lattea, la galassia che ci ospita, c’è un sistema planetario molto simile a quello solare, dove si trova una stella molto simile al nostro Sole, nonché un pianeta molto simile alla nostra terra, ma tutto rosa. Infatti è circondato da enormi nuvole color rosa tenue, che lo fanno sembrare un grandissimo batuffolo di zucchero filato.

Come la terra, il pianeta rosa è molto ospitale, perciò non stupisce che sia popolato da creature viventi. La cosa bizzarra, però, è che questi abitanti sono tutti gattini coccolosi, identici a quelli che abbiamo noi sul nostro pianeta, di ogni specie e di ogni razza. La loro società è ben organizzata: non essendoci padroni ognuno è libero di vivere come vuole, facendosi gli affari propri.
Le nuvole rosa fanno piovere latte, bevanda gustosa e molto gradita dai ghiotti micini, mentre le numerose rocce della crosta del pianeta sono fatte di pan-biscotto croccante; non serve altro per la sussistenza dei gattini, le cui attività principali sono mangiare, bere e dormire. Spesso e volentieri, si divertono a giocare con grossi gomitoli che cadono dagli alberi, oppure si fanno le unghie sulle cortecce di questi ultimi. Non si sa da quanto tempo abitino il pianeta rosa, ma sembra proprio che siano a loro agio nella bambagia che offre quel luogo. Si pensa (ma forse è solo una leggenda) che alcuni tra i più puffolosi gatti terrestri provengano proprio da questo buffo pianeta.
Uno dei suoi abitanti si chiamava BlibbNik: era un bel gatto massiccio e grassottello. Aveva il manto di pelliccia arancione tigrato, e presentava sfumature dorate lungo tutta l’imponente stazza, tranne che sotto il mento, dove sfoderava invece un bianco doppiopetto.
Ogni anno durante la Notte delle Caramelle Gommose Cadenti, sul monte Polpetta, una collinetta tondeggiante di croccante al gusto pomodoro, si radunava una nutrita schiera di gattini, pronti ad ascoltare le fantastiche storie che BlibbNik, gagliardo, miagolava ai felini più giovani. La vicenda più famosa, quella che amava raccontare più spesso, riguardava il suo viaggio sul pianeta abitato dagli esseri umani.
La cosa bizzarra e alquanto ridicola era che, ogni volta, la storia veniva raccontata diversamente. A volte infatti BlibbNik sosteneva di essere approdato sulla Terra grazie all’aiuto di un portale spazio-temporale, che lo aveva teletrasportato dentro la cantina di una casa umano; altre volte, invece favoleggiava di averla raggiunta grazie ad uno shuttle e di essere stato adottato da un astronauta russo di nome Gorkij Vlatuska.
La versione più incredibile, tuttavia, fu quella raccontata nell’anno 23789 dell’era dei Micetti Pelosetti: il gattone affermò, con una certa fierezza, di essersi attaccato una fetta di pan-biscotto e marmellata sulla schiena, e che grazie al moto infinito, dato dal paradosso del gatto che cade sempre in piedi e del pan-biscotto che cade sempre dalla parte della marmellata, era riuscito a volteggiare roteando nello spazio fino al fantomatico pianeta di latte blu salato.
BlibbNik miagolava e miagolava, e i gattini divertiti ascoltavano e ridevano a crepapelle finché non si addormentarono tutti nel pieno della notte. Alla luce dell’ultima caramella gommosa caduta dal cielo, BlibbNik terminò il suo racconto e si accucciolò sul monte Polpetta insieme a tutti i gatti ronfanti; mentre si accovacciava baldanzoso ma con aria guardinga, dal doppio petto di pelo bianco fece spuntare una medaglietta attaccata ad un collarino che fino ad allora era rimasta nascosta nella folta pappagorgia. Era l’unico gatto del pianeta ad indossare un tale monile! Sul dischetto di metallo, illuminato dal riflesso delle stelle, scintillava la scritta che vi era incisa: “Blibby”.
Chissà che, tra tutte quelle fantasticherie, non ci fosse qualche piccola briciola di profonda ed inaspettata verità.
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