L’astronave di cartone

In una casetta lontana dalla città viveva uno scienziato un po’ strampalato; fin da bambino, sognava di viaggiare nello spazio e ogni sera, prima di andare a dormire (se non era troppo stanco), si fermava a guardare le stelle.
Come erano belle! E quante ce n’erano!
Più era lontano dalle luci della città, più riusciva a vederne. A soli cinque anni provò a contarle tutte: col dito, piano piano, le indicava una ad una, arrivando a contarne più di mille! Un fatto sorprendente, visto che non aveva ancora cominciato la scuola!
Quel desiderio di esplorare l’Universo non l’abbandonò mai. Infatti, una volta diventato grande, si laureò in ingegneria aereo spaziale, una materia molto difficile che serve per diventare astronauti.
Viveva da solo e passava intere giornate a progettare astronavi.
Il suo unico assistente era un pappagallo un po’ matto, dalle piume coloratissime: rosse, verdi e blu! Si chiamava Ton e parlava in un modo molto particolare: siccome proveniva dall’America, quando ripeteva le frasi del suo padrone, lo faceva sempre con l’accento americano.
Un giorno Toni era volato via dalla finestra del laboratorio e lo scienziato strampalato, un po’ preoccupato, era andato fuori a cercarlo.
“Toniiiiiiiiii!”
lo chiamava a gran voce “Toni, tra te e gli altri pappagalli non c’è paragone, sei di certo il più bello e quello col piumaggio più sgargiante! Torna a casa seduta stante!”
Toni era molto vanitoso, dunque i complimenti erano i mezzi giusti per ottenere la sua attenzione. Infatti, spuntò dal fondo della strada, vicino ad una radura, portando nel becco un pezzo di cartone.
“Giochiamo ai pirati del cielo? Giochiamo ai pirati del cielo? Giochiamo ai pirati del cielo?”
continuava a ripetere Toni, e ogni volta faceva cadere dal becco il cartoncino che aveva portato con sé. Lo scienziato, incuriosito, decise di avvicinarsi alla piccola radura da cui era sbucato il suo pappagallo. Lì, vide quattro ragazzini che stavano giocando con alcuni pezzi di cartone.
“A cosa giocate?” chiese lo scienziato
“Ai pirati del cielo, quelli che navigano tra le stelle” rispose uno dei bambini.
Lo scienziato vide nei loro occhi lo stesso luccichio che aveva anche lui da bambino e, facendo finta di brindare, esclamò: “Ai pirati del cielo, allora! Lo sapete che io disegno astronavi?”.
Tirò fuori dalla tasca del camice uno dei suoi ultimi progetti. I ragazzini rimasero a bocca aperta di fronte alla cura di quei disegni. Spinti dalla meraviglia, si misero a costruire un’astronave seguendo le indicazione dei fogli.
“Ma è tutta marrone! Come la coloriamo?” chiese uno dei quattro. “Coloriamola come il pappagallo che abbiamo visto prima” rispose un altro.
“È Toni, il mio pappagallo! Su, fatti vedere, amico mio” disse lo scienziato strampalato.
“Io sono Toni! Io sono Toni! Giochiamo ai pirati del cielo” garrì fiero il pennuto, mostrandosi ai nuovi amici.
Appena si concluse la costruzione dell’astronave, Toni, da buon vanitoso, si posizionò davanti come se ne fosse il capitano. Il tempo era trascorso velocemente ed iniziava a farsi buio. Come lucciole, spuntarono nel cielo le prime stelle. Tutti si fermarono a guardarle: come erano belle, anche quella sera! Non si riusciva a capire se brillavano di più le stelle o gli occhi che le osservavano.
In lontananza si sentirono voci di adulti: erano i genitori dei ragazzini, che erano venuti a prendere i loro figli. Era stato un pomeriggio molto divertente, ma ormai era giunto il momento di salutarsi.
Inaspettatamente, Toni, il pappagallo matto, si fiondò verso di loro e, aiutandosi con le zampe e con le ali, afferrò l’astronave di cartone, per poi spiccare il volo verso il cielo stellato, con l’intento di collocare la navicella nel firmamento. Tendendo il petto a più non posso gonfiò il petto e fece uscire dal suo becco un verso stridulo e assordante ma inconfondibile:
“Giochiamo ai pirati del cielo?”
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