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Alcarràs – L’ultimo raccolto

Nel paesino catalano di Alcarràs una famiglia di coltivatori è costretta ad abbandonare il proprio campo di pesche, dopo che il nuovo proprietario terriero ha deciso di sostituirlo con un impianto di pannelli solari.

Rimane un’estate ed un ultimo raccolto.

È un film familiare l’ultimo orso d’oro del festival di Berlino, l’opera seconda della spagnola Carla Simon che dopo Estate 1993 torna con una storia autobiografica.

La pellicola si inserisce in quell’onda che viene chiamata cinema del reale: l’utilizzo di attori non professionisti presi dal posto e la vicenda ancorata sul luogo naturale di rappresentazione, sono i lineamenti più evidenti di questo tipo di operazione. Spicca infatti il lungo lavoro di casting e di affiatamento tra gli interpreti, i quali trasmettono un’aria di vera famiglia, che sia alla festa di paese o intorno al tavolo da pranzo. Nel loro vivace muoversi mostrano una varietà di voci e una rete di legami che danno forma ad un racconto corale. La quiete familiare viene minata da questa scossa emotiva, il terreno sul quale lavorano da generazioni, in loro concessione sulla parola e non per contratto, verra riutilizzato per scopi non agricoli: è la fine di un ciclo.

La propria tradizione spazzata via dal tecnologico progresso green è un’amara constatazione di uno spigolo etico tra buona creanza e orgoglio, tra ecologia e natura, tra progresso e lavoro.

Non è solo questione di protesta, anzi la contestazione è uno dei tanti sfondi narrativi del film, sebbene sia rappresentata la manifestazione contro l’inaccettabile abbattimento del prezzo a soli 15 centesimi a frutto, causato dalla grande distribuzione. Non è un’invettiva ma piuttosto è la rappresentazione della gestione umana di una crisi condivisa. Un problema capitale di rapporti, un conflitto di interessi ed ideali, in cui mettere alla prova il modo di pensare e l’equilibrio familiare, ma dove soprattutto sarà necessaria una relazione con l’abbandono ed il cambiamento, cosa che specialmente il capo famiglia Qimet, non vuole accettare e nemmeno affrontare.

La nuova legge di natura, che segue quella del mercato, è quella del minimo sforzo massimo guadagno, ed è la più classica donchisciottesca lotta contro i mulini a vento, siamo in Spagna del resto. Nel dilemma diegetico i moderni mulini qui sono pannelli solari, anche se, per rimando strutturale, non ci avrebbero sorpreso delle monolitiche pale eoliche.

La regista cita con attenzione l’albero degli zoccoli di Olmi, palma d’oro a Cannes nel 1978, che è senza dubbio un’ispirazione teorica della messa in scena dei personaggi e nella cura della rappresentazione contadina: nella sua quotidianità e nei suoi momenti di svago. Sotto il sole e tra le rigogliose foglie verdi risplendono le immagini di Alcarràs, immagini calde di colori e di sentimento, che fanno da sfondo ad un’estate che segna il tramonto della vita contadina moderna. Invece l’alba con l’imbrunire della luce, a preparare i cassoni vuoti da riempire, è l’esempio visivo dell’inizio di una giornata, dove risiede la dignità e la determinazione (testarda) di chi si spacca la schiena per il lavoro che ha sempre svolto. Il momento del raccolto delle pesche al campo è lo spazio massimo di comunione tra tutti i familiari, l’identificazione vitale con la terra che li unisce: anche i bambini aiutano mentre giocano liberi e selvaggi, scorrazzando qua e là alla ricerca di nuovi posti in cui fare dei rifugi.

I conigli scappano al suono del fucile ma non si può scappare dall’oppressivo futuro del cambiamento. le generazioni si fanno compagnia nelle loro differenze e i bambini cantano insieme ai nonni le vecchie canzoni contadine, ma il rumore delle ruspe assorda e recinta il cuore di tutti coloro che guardano dalla casa verso fuori-campo; fuori il mondo ti avverte e ti stringe in una morsa come in una battuta di caccia.

Giace il coniglio per terra e la piccola Iris, curiosa vagabondina, lo accarezza come le ha insegnato un bracciante, e finisce il rituale battendosi il petto.

Un ciclo si chiude, un nuovo raccolto non sarà più possibile e la famiglia dovrà ricomporre i fragili pezzi di questa frammentazione.

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