The French Dispatch.
The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun – Wes Anderson [2021].
Il nuovo film di Wes Anderson si apre con il corpo senza vita di Arthur Howitzer Jr. [Bill Murray] steso sulla scrivania del suo ufficio nella redazione del French Dispatch di cui era caporedattore.

Howitzer Jr. durante il suo percorso editoriale ha raccolto sotto la sua ala le migliori penne del paese e come ogni buon caporedattore – in un mondo utopico – ha coccolato con austera dolcezza i vari elzeviristi. Saranno proprio i suoi collaboratori a realizzare l’ultimo numero del French Dispatch – dedicato a Howitzer Jr. stroncato da un infarto – , selezionando gli articoli migliori scritti nel corso degli anni precedenti; gli articoli delineano la struttura del film, ogni articolo rappresenta un capitolo, una sottotrama. Quattro articoli/episodi: Herbsaint Sazerac [Owen Wilson] giornalista/ciclista che espone la cittadina fittizia di Ennui ai lettori/spettatori; Moses Rosenthaler [Benicio del Toro] pittore pluriomicida creatore di opere di inestimabile valore, descritto da J. K. L. Berensen [Tilda Swinton] una cinica critica d’arte; i moti Sessantottini narrati da Lucinda Krementz [Frances McDormand] cronista manipolatrice ed infine le vicende del critico culinario Roebuck Wright [Jeffrey Wright] che finisce con il trovarsi al centro di un rapimento.
Ve lo dico subito: se siete alla ricerca di un film che abbia un finale certo allora The French Dispatch non fa per voi, sembra un lunghissimo ed eterno primo atto in cui vengono solo presentati i personaggi principali. Non fatevene una colpa, il mio non è snobismo da bloghettaro anch’io come voi sono stato educato allo storytelling perfetto, anch’io come molti di voi – spero tanti – conservo avidamente una copia di Story di McKee, ma qui cari miei siamo davanti ad una storia già finita. Non c’è finale, e forse forse nessun film di Anderson ha mai avuto un vero e proprio finale, ma solo dei finali/pretesto.

Anderson in precedenza ha regalato al fedelissimo pubblico finali dolci ed allo stesso tempo amari – la ricerca dello squalo maculato in The Life Aquatic with Steve Zissou [2004], la corsa verso un padre ormai solo ricordo in The Darjeeling Limited [2007], la conquista di un equilibrio familiare in The Royal Tenenbaums [2001] – con The French Dispatch scuote i suoi fedelissimi, quasi a volerli far uscire da una comfort-zone fatta di trame e finali che somigliavano sempre di più ferite da suturare. In The French Dispatch non c’è un finale vero e proprio poichè non sempre è necessario un pretesto per raccontare, soprattutto quando si racconta con le immagini.
Ma il corpo rimane invariato. Lo stile è sempre quello a cui ci ha abituati: inquadrature simmetriche – questa volta al limite del maniacale -, campi lunghi, scenografie estremamente curate ed anche l’utilizzo del bianco e nero quasi a sottolineare – ulteriormente – le continue citazioni di cui la pellicola è pregna; per esempio i personaggi di The French Dispatch rifiutano la modernità proprio come monsieur Hulot.
Anderson ci mostra come la nostra cultura sia stata vista, consumata e digerita oltreoceano e confeziona un necrologio non avendo altri mezzi per contrastare la [post] modernità, mentre aspetta, senza piangere come recita la scritta nell’ufficio di Howitzer Jr.

-Daniele.
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