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Molecole un film di Andrea Segre

“To pull you from the liquid sky

Cause if I don′t we’ll both end up

With just your song to say goodbye”

[Song to say goodbye – Placebo]

Ho sempre pensato – riformulo: sono sempre stato portato a pensare, per ragioni di studio – che le immagini non siano prodotti fini a sé stessi, non hanno la stessa funzione linguaggio – a cui troppo spesso vengono paragonate – ; le immagini sono vive, autonome ed aliene. Le poche righe scritte sopra sarebbero più che sufficienti per descrivere quel piccolo gioiellino di Molecole, scritto e diretto da Andrea Segre. Eviterò l’inutile catalogazione: documentario, docu – film, etc.

In Molecole [2020] le immagini sono presentate come tasselli di un unico flusso di coscienza, immagini di repertorio – estrapolate da vecchi filmati che Ulderico Segre, padre del regista, confezionava con la sua Super8 – si mischiano ad immagini di Venezia durante il primo lockdown. Un flusso unico, passato e presente, per raccontare il rapporto lento e silenzioso tra il padre, Venezia e lo scorrere del tempo.

Tutto gira intorno al concetto di molecola: entità viva ed invisibile in grado di costruire e de-costruire la realtà. Alla fine del film ci si rende conto che tra la molecola e l’immagine non ci sono poi tante differenze. Le molecole compongono un’entità e le immagini formano, per esempio, un ricordo che a sua volta è composto da svariate molecole poichè ogni ricordo ha un suo odore, sapore ed uno spazio preciso. Azzardando si potrebbe dire che le immagini sono in grado di mettere in comunicazione tutti i sensi, non solo la vista, si potrebbe parlare di “Rapporto tra i sensi” parafrasando Marshall McLuhan.

Anche Venezia ci viene raccontata attraverso immagini, quelle tipiche del lockdown: piazze deserte, canali vuoti, etc. tutto viene accompagnato dalle testimonianze dei cittadini Veneziani che raccontano i problemi che comporta vivere nella città più bella e dannata del mondo.

Passato e presente si fondono in questa pellicola, molecole note e meno note segnano la strada del futuro, personalmente amo alla follia i film in cui vengono montate immagini prese da archivi – come per esempio La bocca del lupo – privati o pubblici. La confusione mi fa impazzire; perdere le coordinate visive, confondere le linee del tempo e farsi accompagnare dalla voce fuori campo è stupendo: sembra di navigare. Sembra di lasciarsi trascinare dalle molecole d’acqua, magari a bordo di una gondola tra i canali deserti.

– Daniele.

Ps: un piccolo assaggio.

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