La congiura del Fiesco – Teatro Nazionale Genova
Un teatro che si apre e che con gioia si rende accessibile a tutti è una scelta vincente e pregna di vero spirito artistico, soprattutto se si inserisce in quella superficiale tipicità di chiusura che viene spesso attribuita e ridicolizzata alla genovesità tout court.
Questo è “La congiura del Fiesco” che dal 19 giugno al 4 luglio si presenta nel cuore di Genova, in una serie di rappresentazioni all’aperto nel luogo stesso in cui è ambientata, diretta dal regista genovese doc Carlo Sciaccaluga che lo presenta così: è lo specchio della nostra città, della sua grandezza silenziosa, del divampare nascosto dei suoi sentimenti.
La bellezza nascosta di Genova svelata in piazza agli avventori di via San Lorenzo.
Di fronte alla cattedrale nel trionfo di un’enorme passerella e di mega proiezioni sulla facciata gotica, Il “Fiesco” crea un’atmosfera magica, ricca di rivisitazione storica ma che strizza l’occhio alla popolarità delle moderne serie televisive, vedasi tra tutte Game of Thrones, capisaldo egemonico del genere.
“La congiura del fiesco” opera del drammaturgo tedesco Friedrich Schiller, scritta nel 1783 nel fermento del periodo pre-rivoluzione francese con uno smaccato fervore shakespeariano, trae spunto da un reale fatto storico accaduto a Genova nel 1547, documentato e narrato dal Cardinale Retz e dallo storico William Robertson. Dell’opera ci sono anche due versioni cinematografiche del 1921 di Paul Leni “Die Verschwörung zu Genua” e di Ugo Falena.

L’opera di Schiller tratta la disputa tra intrighi, inganni e giochi di potere della famiglia regnante a Genova dei Doria avversa a quella cospiratirce dei Fieschi di Lavagna. Ci sono i tradimenti e le rivolte dei nobili genovesi ma anche dei repubbli-CANI, spesso etichettati così, e man mano che la tensione politica e sociale sale tra i contendenti, di controcanto si sprofonda sempre di più nel limbo del populismo demagogico e della sete corruttibile del Potere che nell’ambigua veste di Liberazione dal padrone nasconde altrettanti appetiti di prevaricazione.

Passando di palo in frasca, mi piacerebbe ricollegare questo spettacolo con un altro recente super prodotto artistico che ha colpito la nostra regione, il film Pixar “Luca” diretto dal genovese Enrico Casarosa (del quale troverete la recensione di un illustrissimo collega qui). Sì sono due soggetti totalmente differenti ma usciti in contemporanea e che sono la dimostrazione di una spinta culturale locale improntata al recupero riammodernato di vecchie leggende e di un passato storico ligure in fase di mitizzazione.

Sono il primo a storcere al naso di fronte alla spottosità turistoide e pubblicitaria che spesso gonfia queste operazioni, ma a questo giro siamo di fronte a due produzioni di alto profilo nella loro forma più accessibile e popolare: un film d’animazione, ahimè solo su piattaforma e non in sala, e un imponente spettacolo in piazza.
In entrambe possiamo notare, mettendo da parte l’inevitabile fascinazione campanilistica, una non eccelsa originalità narrativa quanto piuttosto una semplice riproposizione di cose già viste, ma ciò che trasuda e che rende coinvolgenti le due opere sono l’anima ed il fuoco emotivo che riescono a produrre, intrecciando le bellezze nascoste ma anche i più banali cliché con un calore passionale che riesce a far respirare autenticamente Genova e il suo territorio.
La regia di Carlo Sciaccaluga è sotto questo punto di vista molto attenta a dosare le battute in dialetto, che in un uso spropositato avrebbero rischiato di creare un effetto straniante se non addirittura stonato. L’irrazionale amore genovese che esce dall’ombra nella giusta misura, come un viscerale richiamo di casa al quale è difficile resistere, una sirena emersa dagli abissi che ricorda chi siamo e da dove veniamo.

Un plauso assolutamente va fatto anche agli attori, tra tutti sicuramente il protagonista Simone Toni nei panni del Fiesco che sebbene limitato dalla stampella per via di un infortunio, riesce a condurre con carisma il suo personaggio anche sfruttando a suo vantaggio la “storpia” fisicità, conferendo un’energia ambigua e un dinamismo sinistro al suo andamento corporeo. Ma è giusto ricordare l’intensa Leonora di Barbara Giordano, l’insopportabile Giannettino Doria interpretato con perfetta antipatia da Aldo Ottombrini e il brigantello Moro doppiogiochista Maurizio Boussa, che ricorderete come l’immigrato spalla comica in Tolo-Tolo di Checco Zalone. Ancor più merito per aver allestito un grande successo in piazza va agli attrezzisti, agli scenografi, ai costumisti, ai curatori di musiche, luci e video, che hanno permesso di immergere al meglio la storia nel luogo che più l’addiceva, a due passi dal Ducale e con via di fuga in Scurreria. Ci pare giusto fare i loro nomi: scene e costumi Anna Varaldo, musiche Andrea Nicolini, disegno luci Aldo Mantovani, video Davide Riccardi, aiuto regista Alice Ferranti, movimenti coreografici Alessandra Manari, maestro d’armi Giovanni Sciaccaluga, direttore di scena Fabrizio Montalto, capo macchinista Angelo Palladino, macchinista Nathan Copello, attrezzista e realizzazione maschere Desirée Tesoro, elettricista Marco Giorcelli, fonici Edoardo Ambrosio, Claudio Torlai, realizzatrice e tagliatrice Maria Angela Cerruti, sarte Irene Barillari, Angela Siviero, parrucchiera e truccatrice Barbara Petrolati.
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