Favolacce reali [?]
Avvolti dalla canicola estiva – che ricorda quasi quella di Seidl – i personaggi di Favolacce si muovono sotto ipnosi tra villette monofamiliari e pregiudizi provinciali; movimenti limitati alla periferia romana, dalla qquale ormai il cinema italiano ha succhiato tutte le energie. Palcoscenico inflazionato per temi triti e ritriti.
Un gruppo di ragazzini cercano la soluzione ai problemi dei proprio genitori; guidati dal subdolo insegnante sceglieranno la via di fuga più semplice.
Incastrati nei propri problemi – nelle proprie maschere – i genitori saranno totalmente incapaci di comunicare e di guardare i propri figli. I dialoghi sono ridotti all’osso, i sottintesi sono parte fondamentale della sceneggiatura quasi a voler tenere all’oscuro di tutto anche gli spettatori.
Per tutta la durata del film si ha la percezione che possa accadere qualcosa di inevitabile – già scritto nelle prime immagini –, di irreparabile. Una tragedia greca annunciata.
Case di cartone e protagonisti come oggetti. L’unico oggetto essenziale è il diario, nonostante il suo ruolo primario ai fini della narrazione non appare mai sulla scena, viene letto da una voice – off senza mai esser visibile al pubblico e ai protagonisti.
Fabio e Damino D’Innocenzo hanno creato un bellissimo film, imperfetto [aggettivo che purtroppo in ambito critico ha sempre valore negativo] nella sua comunicazione, stupendo nelle sue immagini.
Quello che mi lascia sempre perplesso è l’incapacità del cinema italiano – a parte alcuni casi, purtroppo sempre più rari – di spingersi oltre il confine romano. Il film dei D’Innocenzo fa parte di quella categoria che De Gaetano definì Cinema del reale: ‘La passione del reale è come un vizio che si prende, ed è difficile perderlo, malgrado le dosi massicce che ci vengono propinate di narcotici televisivi e para-televisivi.’ [vi lascio il link dell’articolo qui sotto].
Il confine tra favola e realtà è confuso, quasi inesistente, forse l’unica cosa vera è la voce fuori campo in grado di ribaltare la sceneggiatura salvando tutti e nessuno.
Un secondo tema presente in questo film, dopo quello del reale, sempre caro al cinema italiano è sicuramente il tema dell’incomunicabilità.
La mancanza di comunicazione tra generazioni – genitori e figli – tiene le redini della tensione per tutta la durata della pellicola. L’incapacità comunicativa tra esseri umani è stata per anni una delle tematiche principali del cinema italiano, Antonioni ne ha sviscerato ogni sfaccettatura; spero (non) si sentano offesi i fan del regista ferrarese che per me sono come una setta di spacca cazzi simile alla P2 [insomma: stragisti della pazienza altrui].
Come tutte le mancanze anche questa è destinata a guidare le vite altrui, anche nei film.
I finale è stupendo: urla in sottofondo che si perdono nei silenzio dei genitori che prendono tempo per rimandare il più possibile il confronto con quella realtà ormai consumata, già vissuta senza presenza.
Insomma, non sono un critico, non sono buono a scrivere ma voi ascoltatemi: comprate il film dei D’Innocenzo. Sosteniamo il cinema – italiano e non – anche da casa ma soprattutto, quando le sale riapriranno [?] ricordiamoci di andare a rivedere i film visti a casa. Per favore.
-D.
Roberto De Gaetano ‘L’erranza del reale’ per FataMorgana web:
Categorie