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Un gatto nel cervello – Lucio Fulci: metacinema e gattini

Un gatto nel cervello [1990]

Regia: Lucio Fulci

Attori: Lucio Fulci Adriana Russo, Malisa Longo, David L. Thompson, Jeoffrey Kennedy

Soggetto: Lucio Fulci

Sceneggiatura: Giovanni Simonelli, Antonio Tentoni

Fotografia: Alex Grossi

Musiche: Fabio Frizzi

Montaggio: Vincenzo Tomassi

Effetti: Pino Ferranti, Studio 2

Specifiche tecniche: ARRIFLEX 16, 16 MM, PANORAMICA, 35 MM (GONFIATO) (1:166) Produzione: LUIGI NANNERINI, ANTONINO LUCIDI PER EXECUTIVE CINE TV

Lucio Fulci [Lucio Fulci] ormai totalmente in burn-out – tormentato da violente allucinazioni splatter – decide di rivolgersi allo psichiatra Egon Swharz [David L. Thompson]; quest’ultimo si rivelerà una mente diabolica e grazie all’ipnosi aumenterà ancora di più i deliri di Fulci e dello spettatore sino a far perdere il contatto con il reale.

Un gatto nel cervello [1990], terz’ultimo lungometraggio di Lucio Fulci, definito dai critici come ‘ terrorista del genere’ ; questa pellicola rappresenta una sorta di giudizio critico dello stesso Fulci nei confronti della propria produzione. Un processo alla filmografia, per anni operato dai critici cinematografici, ora messo su pellicola dallo stesso regista in chiave meta-cinematografica.

Metacinematografico, termine all’apparenza ostico ed  incomprensibile, sono stati scritti molti libri riguardo quest’argomento, per semplificare molto possiamo dire che si tratta di una serie di meccanismi narrativi che permettono al cinema stesso di mostrare allo spettatore i propri processi di produzione e scrittura propedeutici alla messa in scena, la narrazione, etc.

In poche parole, citando Metz a proposito di 8 ½ [Fellini, 1963]: “ […] un film nel film”; oltre alla pellicola di Fellini possiamo ricordare altri film auto-riflessivi: La Nuit américaine [Truffaut, 1973]; Scream [Craven, 1996] e molti altri ancora.

Argomento molto interessante ma fa perdere – a mio modesto parere – la magia del cinema, come un mago che mostra i propri trucchi segreti.

L’horror a livello storico è il genere che maggiormente si è prestato alla narrazione metacinematografica poiché, semplificando molto, inscena e smaschera contemporaneamente tutte quelle paure ancestrali presenti da sempre nell’essere umano, l’unico modo per farle venire fuori senza trucchi è proprio quello di smascherare questi, mischiando realtà e finzione, disorientando lo spettatore.

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Noi spettatori e Fulci protagonista – grazie a questo processo di “smascheramento” – ci ritroviamo spaventati e allo stesso modo condividiamo con lui identiche paure con la sola differenza che Fulci le ha rese visibili e con esse è costretto a convivere da creatore, dentro e fuori lo schermo. Fulci creatore non più in grado di controllare le proprie idee, i propri trucchi, le proprie creature, questa perdita di controllo è resa possibile grazie ad un montaggio serrato: immagini di vita quotidiana / immagini splatter, sino a perdere il contatto con la realtà. Superando il confine realtà / finzione.

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A farsi largo tra le paure vere e cinematografiche del povero Fulci è il dottor Swharz – stereotipo ormai inflazionato – psichiatra, manco a dirlo tedesco e pazzo, come tutti i pazzi porta con sé la verità e non si fa scrupoli ad esplicitarla:

I tuoi film, i tuoi appunti ti condanneranno a passare per il mostro; dopo tutto non esiste forse quella stupida teoria che dice che le scene di violenza sullo schermo provocano la violenza?

Quando non è occupato a spurgare verità si nutre di Vhs – ed ecco altri elementi metacinematografici, i Vhs e la televisione, meccanismi del cinema che si rendono visibili nel film – disprezzandoli apertamente.

Shawrz quindi doppia figura: da un lato regista / assassino; dall’altro invece psichiatra / critico cinematografico moralista come gli stessi che in quegli anni fustigavano Fulci.

Fulci dirige Fulci. Fulci si perde insieme a noi in un labirinto di paure reali. Fottendoci come sempre.

Se ancora non l’avete fatto guardate Un gatto nel cervello.

Subito.

 

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Letture consigliate:

Semiologia del cinema di Christian Metz

La sceneggiatura. Forme, modelli e dispositivi di Francis Vanoye

Canzoni consigliate:

-I quattro dell’apocalisse – Kappa-O

-Cripple Bastard – Pete the ripper

Il gioco del silenzio su un terreno scabro
tra luci mal studiate, cavie in ufficio, ritardi accumulati.

 

 

-Daniele.

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